Rapporti cooperativi nella catena di fornitura automobilistica la “Crescita Guidata” di Fiat Auto in una prospettiva comparata

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Rapporti cooperativi nella catena di fornitura automobilistica la “Crescita Guidata” di Fiat Auto in una prospettiva comparata

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Rapporti cooperativi nella catena di fornitura automobilistica: la “Crescita Guidata” di Fiat Auto in una prospettiva comparata∗ Massimo Follis, Aldo Enrietti (Università di Torino), Josh Whitford (University of Wisconsin) Maggio 2003 Introduzione Nel corso degli ultimi vent’anni il paradigma organizzativo dell’industria automobilistica subito una radicale evoluzione, contrassegnata dalla crescente importanza strategica del ruolo delle imprese fornitrici di componenti Questo saggio non s’interroga sulle ragioni e le logiche di questo cambiamento, che le sua origine nel mutamento delle strategie delle case automobilistiche, ma lo assume come un parametro, per concentrare piuttosto l’attenzione sugli effetti che avuto per il settore della componentistica per autoveicoli, in particolare per le imprese situate al secondo livello della catena di fornitura, e sulle implicazioni che ne derivano per le politiche industriali a livello regionale Infatti livelli inferiori della catena di fornitura il processo di razionalizzazione richiesto alla grande maggioranza delle imprese di rispettare nuovi standard di qualità del prodotto e di servizio al cliente, unitamente a una costante riduzione dei costi, forzandole ad acquisire competenze manageriali e, se pure elementari, capacità di progettazione, che vanno ben al di la delle semplici capacità tecniche e di controllo delle tecnologie di processo che erano loro richieste in precedenza La discussione di questa problematica verrà sviluppata prevalentemente in riferimento al caso della componentistica per autoveicoli in Italia Questo settore presenta in Italia alcune caratteristiche strutturali che si traducono in altrettanti motivi d’interesse per la comprensione delle condizioni e degli effetti del processo di razionalizzazione in atto Da un lato, la prevalenza di piccole imprese al secondo livello della catena di fornitura fa che per rispondere alle sollecitazioni per un potenziamento del loro ruolo (non solo nella fabbricazione ma anche nello sviluppo dei prodotti), queste imprese devono acquisire nuove capacità e competenze Dall’altro lato, la loro tradizionale dipendenza da un unico grande produttore finale fa si che una risposta positiva a queste sollecitazioni si traduca anche nell’opportunità di espandere e diversificare le loro attività verso altri produttori finali e/o altri mercati La compresenza di questi vincoli e opportunità, unitamente alla forte concentrazione del settore nel nord-ovest d’Italia, ne fanno un laboratorio quasi “ideale” per la sperimentazione d’originali iniziative di politica industriale a livello regionale Per un verso queste imprese presentano “bisogni” (ovvero carenze rispetto alle nuove capacità richieste) fortemente omogenei, così da giustificare e facilitare la realizzazione d’apposite iniziative Per un altro verso la posizione strutturale di queste imprese, come fornitori di fornitori diretti delle imprese automobilistiche pone due questioni cruciali: 1) chi deve sostenere i costi e chi deve farsi carico dell’implementazione d’iniziative rivolte ad imprese aì livelli inferiori delle catene di fornitura, e i cui benefici possono essere usufruiti da molti clienti? 2) Qual è il modo più efficace per fare acquisire a queste imprese le competenze richieste? Questo lavoro è stato possibile anche attraverso il sostegno finanziario del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (Fondi 60% 2001) Per cominciare a rispondere a questi interrogativi, prenderemo in esame un’iniziativa stimolata da Fiat Auto e realizzata da circa 100 suoi fornitori diretti, al fine di migliorare la qualità dei prodotti dei loro subfornitori (imprese al secondo livello della catena) L’ipotesi che orienta l’analisi è che quest’iniziativa, nonostante alcuni limiti, costituisca un modello significativo per politiche industriali volte a potenziare catene di fornitura a livello locale In quest’ottica dedicheremo l’ultima parte del lavoro a un esercizio d’analisi comparata, presentando e discutendo, se pure sommariamente, un caso analogo di collaborazione tra imprese e autorità pubbliche, realizzato nello stato del Winsconsin, in vista di migliorare le prestazioni di un sistema locale di fornitura mediante iniziative mirate di formazione Questo caso mostra: 1) che molti dei problemi che caratterizzano l’attuale processo di razionalizzazione dell’industria dei componenti automotive, soprattutto per quanto riguarda le relazioni tra fornitori di primo e secondo livello, identificano potenzialmente un trend secolare, che attraversa diversi settori industriali; e 2) che questi problemi possono essere affrontati nel contesto di diverse soluzioni istituzionali, in particolare per quanto riguarda il contributo dei privati e della mano pubblica II La globalizzazione dell’industria automobilistica e la strategia dei produttori finali Tre fattori principali hanno concorso a determinare una radicale modificazione delle strategie delle grandi imprese automobilistiche nel corso degli ultimi quindici anni (Veloso, 2000) i) La crescita relativa della domanda espressa dai paesi sottosviluppati, a fronte della stagnazione, ma anche della crescente diversificazione di quella nei paesi sviluppati - da cui l’esigenza di estendere la gamma dei modelli offerti e il vincolo a produrli in mediamente secondo quantità inferiori rispetto al passato; ii) L’accresciuto contenuto tecnologico delle automobili, dovuto, in parte, all’introduzione di più severi standard normativi in materia di inquinamento e sicurezza, in parte, alle opportunità offerte dall’impiego dell’elettronica iii) La persistenza del prezzo come fattore di competizione, cosicché, oltre alla crescente diversificazione dei modelli e al loro maggiore contenuto tecnologico, l’esigenza di ridurre i costi di produzione rappresenta per i produttori di automobili un vincolo molto più stringente che per il passato Tutte le principali imprese automobilistiche hanno seguito una strategia di globalizzazione, decentrando nelle varie aree geografiche in cui si articola il loro mercato, l’assemblaggio dei modelli ivi commercializzati Ciò determinato la moltiplicazione delle catene di fornitura e la richiesta rivolta principali fornitori diretti di impiantare altrettanti stabilimenti per alimentare le linee di assemblaggio intorno al mondo Al fine di conseguire economie di scala nelle attività di progettazione e di fabbricazione, la produzione di nuovi modelli è stata organizzata per “piattaforme” Più in generale gli assemblatori finali stanno facendo ogni sforzo per ridurre l’intensità di capitale delle loro attività ed aumentare gli utili degli azionisti, delegando porzioni crescenti della produzione alle imprese fornitrici di componenti Nel caso di Fiat Auto, per esempio, la quota di prodotto acquisita dall’esterno è passata da 65 a 72% tra il 1977 e il 2000 , Nello nello stesso periodo PSA e Renault hanno aumentato ancora più vistosamente il ricorso alle forniture esterne, passate rispettivamente dal 45 al 70% e dal 65 all’80% Questa tendenza all’outsourcing si è accompagnata ad una netta “razionalizzazione” delle relazioni di fornitura e alla riduzione del numero dei fornitori diretti di ogni casa automobilistica, una porzione crescente dei quali è ora chiamata a fornire interi “moduli” o sottoinsiemi assemblati, invece che singoli componenti All’origine di quest’esternalizzazione di Questo e il successivo paragrafo non si propongono un’analisi approfondita dei cambiamenti che hanno investito l’organizzazione dell’industria automobilistica nel suo insieme, per la quale rinviamo all’accellente contributo di Veloso (2000), bensì di fornire gli elementi indispensabili per poter contestualizzare la discussione delle nuove problematiche che si pongono al secondo e terzo livello della catena di fornitura e delle relative implicazioni per le politiche industriali a livello regionale produzioni non c’è tanto l’esigenza di contenere i costi di produzione, come nel passato, quanto piuttosto quella di assicurarsi capacità di progettazione e ingegnerizzazione I fornitori vengono ora richiesti di assumere crescenti responsabilità tanto nella progettazione, quanto nel miglioramento dei prodotti loro assegnati, assicurandone nel contempo la riduzione del costo e un’elevata qualità L’interazione un numero limitato di fornitori diretti rende più facile produttori finali stabilire relazioni di fornitura improntate alla collaborazione, oltre ad annullare la necessità di duplicare gli sforzi Nello stesso tempo, questi fornitori si trovano nella condizione di poter rientrare più rapidamente e sicuramente degli investimenti richiesti per la progettazione dei componenti per la moltiplicazione delle loro linee di produzione Si tratta peraltro di una strategia non priva di rischi, come mostrano le stesse differenze tra produttori finali per quanto riguarda sia l’ampiezza della “delega” produttiva affidata propri fornitori, sia la disponibilità a basarsi su fonti “uniche” di fornitura (Lung 2001) Affidare a un fornitore l’intera responsabilità sulla produzione di un modulo o sottoinsieme implica infatti la rinuncia a controllare un segmento della catena di fornitura, dal momento che le competenze necessarie per poter eventualmente riportare al proprio interno le produzione interessate vengono progressivamente meno, e quindi diventa meno credibile la minaccia di ricorrere a quest’opzione nel caso di una crisi della relazione di fornitura III La riorganizzazione delle catene di fornitura La riduzione del numero dei fornitori diretti (d’ora in avanti anche OEM, Original Equipment Manufacturer), unitamente allo straordinario aumento del volume degli investimenti necessari per continuare a far parte del primo livello della catena di fornitura (investimenti in ricerca e sviluppo dei prodotti e in stabilimenti di produzione a seguito di quelli d’assemblaggio degli autoveicoli) hanno determinato una significativa ristrutturazione dell’industria dei componenti automotive, soprattutto per quanto riguarda l’articolazione tra fornitura e subfornitura Una parte delle imprese escluse dalle commesse dei produttori finali hanno abbandonato il mercato automotive o addirittura hanno cessato l’attività, ma la maggioranza hanno continuato a fare realizzare all’incirca gli stessi prodotti e le stesse lavorazioni che faceva in precedenza, ma ora in qualità di (sub) fornitori delle imprese rimaste al primo livello della catena di fornitura Corrispettivamente, il ruolo di queste ultime imprese subito una sostanziale evoluzione: integrando i propri tradizionali prodotti gli input degli ex fornitori di primo livello, si sono trasformate in fornitori di sistemi completi di componenti, e di sottogruppi o moduli preassemblati2 Il lavoro di Veloso (2000: 13) evidenzia, sulla base di numerose ricerche promosse dall’International Motor Vehicle Program, che, a parte i fornitori di materie prime, i fornitori diretti delle imprese automobilistiche “si stanno trasformando in grandi imprese globalizzate, specializzate nelle produzione di sistemi complessi o nell’integrazione di più sottosistemi relativamente semplici” – cioè imprese capaci di sostenere i costi di una presenza globale e di attivare e coordinare proprie catene di subfornitura di notevole importanza Gli altri fornitori si connotano, invece, come “specialisti” nella produzione di singoli componenti – definizione che si attaglia alla maggioranza delle imprese del settore della componentistica automotive, e in particolare a quelle che un tempo rifornivano i produttori finali e che ora alimentano i fornitori di moduli completi e gli integratori di sistemi Quest’insieme comprende a sua volta due tipi diversi di produttori: i “fabbricanti di componenti”, detentori di specifiche competenze su determinati processi produttivi, che operano quasi sempre al secondo o al terzo livello della catena di fornitura, e gli “assemblatori di sottosistemi”, cioè imprese dotate di semplici capacità d’integrazione, che peraltro possono vendere direttamente i propri prodotti agli assemblatori finali, se pure ciò avvenga sempre più di rado Un sistema è caratterizzato da un’affinità funzionale dei componenti (sistema di sicurezza, sistema di climatizzazione) Un modulo o sottogruppo, invece, comprende componenti eterogenei sul piano funzionale, il cui accorpamento si giustifica per la semplificazione delle operazioni d’assemblaggio dell’autoveicolo, che consente (plancia, paraurti, ammortizzatore/mozzo) (v Caputo e Zirpoli 2001) Le nuove strategie adottate dalle case automobilistiche hanno quindi vincolato l’opzione dei produttori di componenti di restare al primo livello della catena di fornitura, alla disponibilità ad effettuare enormi investimenti, che solo poche imprese erano in grado di sostenere Di conseguenza si è assistito nel corso degli anni ’90 ad un’imponente ondata di acquisizioni e di fusioni , che nel complesso hanno portato alla concentrazione delle forniture dirette alle imprese automobilistiche nelle mani di relativamente poche “mega imprese”, leader mondiali che operano in un’ottica veramente globale4 Si tratta sostanzialmente dei seguenti cinque super-fornitori: Delphi e Visteon, le rispettive divisioni di componentistica di GM e Ford (la General Motors sta, però, progressivamente quotando Delphi sul mercato, in più tranche), NippoDenso e Aisin, che tuttavia mantengono ancora forti legami il sistema giapponese dei keiretsu, e la tedesca Bosch, unico fornitore veramente indipendente Imprese analoghe, per fatturato e capacità di seguire interi sistemi, potranno emergere fra TRW, ITT, Dana, Lear, Valeo, Magneti Marelli, Johnson Controls, Eaton, Magna, Siemens, ZF, Temic, Takata e SKF Previsioni ragionevoli vedono infatti nel medio-breve periodo la presenza di non più di 20-25 fornitori globali di primo livello (in grado cioè di operare simultaneamente più case automobilistiche e su più mercati) - quindi secondo un rapporto di quasi a fra OEM e case automobilistiche Il vincolo a fornire su scala globale insieme insiemi relativamente complessi impone agli OEM di selezionare molta cautela cura i prodotti e le tecnologie su cui concentrare le proprie risorse e d’affidare ad altre imprese la fornitura di un numero crescente delle parti che esse assemblano, comprese alcune di quelle che qualificano le prestazioni e la qualità del sistema fornito alle case automobilistiche Questa delega fa si che le relazioni che ogni OEM stabilisce la propria catena di fornitura abbiano importanti implicazioni per le sue prestazioni, soprattutto per quanto riguarda la riduzione dei costi, il processo di sviluppo dei prodotti e la loro qualità • Riduzione dei costi Una clausola ricorrente nei contratti per forniture di primo equipaggiamento è la riduzione programmata dei prezzi d’acquisto, a fronte della garanzia della durata del contratto di fornitura per l’intera vita dei modelli interessati Per esempio, Renault impegnato i propri fornitori a ridurre i prezzi del 18% tra il 1997 e il 2000 e PSA del 25% nel medesimo periodo Ford concordato una riduzione annua del 5% per il quadriennio 1996-2000, lo stabilimento inglese della Honda, una riduzione annua del 1,5% e Fiat Auto, del 3% Dal momento che, come si è appena visto, una quota importante dei costi delle forniture OEM derivano dai prodotti forniti dalle imprese al secondo e al terzo livello della catena di fornitura, è inevitabile che all’incirca le medesime richieste di riduzione dei prezzi concordate le imprese automobilistiche vengano trasmesse lungo la catena di fornitura: dai fornitori diretti fornitori di secondo livello e da questi ultimi, a quelli di terzo livello Di conseguenza, le imprese situate livelli inferiori della catena incapaci di migliorare costantemente e significativamente la propria produttività si trovano costrette o ad uscire dal settore o a rinunciare ridurre propri margini di utile – soluzione ovviamente insostenibile nel lungo periodo L’ “incapacità” di molte imprese di continuare ad operare come fornitori di primo livello riflette, in realtà, più una scelta strategica che la frustrazione di un’aspirazione Nella misura in cui il punto di forza di un’impresa coincide la specializzazione nella produzione di un determinato componente, la decisione di focalizzarsi su questa competenza piuttosto che cercare di padroneggiare la produzione di un modulo intero o l’integrazione di un sottoinsieme, può essere del tutto appropriata Utilizzando dati forniti da Automotive News, Veloso (2000: 17) argomenta che le imprese che posseggono “capacità e competenze altamente specifiche rispetto a particolari componenti, possono conseguire risultati uguali o anche superiori a quelli dei produttori di sistemi, anche se la loro specializzazione le relega al secondo o al terzo livello della catena di fornitura” Secondo dati di Automotive News Data Center dei cento fornitori globali solo sette (Delphi, Bosch, Vosteon, Denso, Lear, Johnsono Controls, Magna International) avevano realizzato nel 2001 un fatturato superiore a dieci miliardi di dollari • • Lo sviluppo dei prodotti Fino a qualche tempo fa il ruolo svolto dai fornitori di secondo livello riguardava unicamente la fabbricazione di parti e componenti, progettati e ingegnerizzati da committenti OEM, e ciò che ci si aspettava da loro era la capacità di conformarsi precisione alle specifiche tecniche trasmesse e di tradurle in prodotti validi, grazie alla buona conoscenza pratica delle specifiche lavorazioni richieste Questo modo di intendere le relazioni tra i due livelli della catena di fornitura è diventato rapidamente del tutto insufficiente, per motivi analoghi a quelli appena illustrati a proposito della riduzione dei costi di produzione Infatti, nella misura in cui i fornitori di primo livello sono sollecitati ad assumersi crescenti responsabilità, prima nella progettazione, poi anche nello sviluppo e nell’innovazione di prodotti vieppiù complessi, è logico che si trovino a loro volta costretti a chiedere propri fornitori di farsi carico della progettazione e nell’industrializzazione dei componenti loro commissionati, pur cercando di mantenere il controllo sul processo complessivo di sviluppo del prodotto La qualità Gli standard di qualità richiesti prodotti dell’industria automotive sono estremamente elevati, tanto che il conseguimento di una certificazione (ISO, QS) costituisce una condizione pressoché scontata per potervi far parte, anche perché la garanzia sull’efficienza di un’autovettura sta diventando un ingrediente sempre più importante della competizione tra i produttori d’automobili Negli ultimi anni sia la durata sia il livello di copertura di queste garanzie si sono andate costantemente estendendo, non solo per i modelli di lusso (come un tempo), ma anche per quelli di bassa gamma L’erogazione di questo servizio implica quindi costi crescenti per i produttori d’automobili, che stanno ovviamente cercando soluzioni per contenerli Quella più ovvia è di coinvolgere i fornitori di componenti nel sistema delle garanzie, tenendo anche conto che la stragrande maggioranza dei difetti denunciati dai clienti riguarda i loro prodotti Questo coinvolgimento può tradursi: i) in clausole dei contratti di fornitura, che obblighino i fornitori di componenti a farsi carico delle conseguenze della cattiva qualità dei loro prodotti, e/o ii) nella richiesta di un’adeguata documentazione tecnica circa i componenti forniti, in modo da evitare che la rete di assistenza ricorra in fase di garanzia alla sostituzione di componenti complessi (e costosi), che possono invece essere riparati, sostituendo solo una delle loro parti Anche per queste soluzioni vale la logica del coinvolgimento a cascata dei fornitori di secondo e terzo livello, che costituisce un ulteriore fattore di pressione sulle loro prestazioni produttive e nello stesso tempo sulla loro capacità di fornire servizi non strettamente produttivi IV Il sistema della fornitura di componenti automotive in Italia Il processo di riorganizzazione appena richiamato coinvolto in modo particolarmente massiccio l’industria automobilistica italiana e soprattutto la sua tradizionale area d’insediamento, Piemonte e regioni limitrofe del nord-ovest, da cui proviene quasi il 50% delle forniture automotive a Fiat Auto (a chi?) Più limitato è stato, invece, il suo impatto nelle aree prossime agli stabilimenti “prato verde”, dislocati nell’Italia meridionale, anche a causa del ritardo cui l’industria dei componenti si è sviluppata in loco A) L’evoluzione della strategia Fiat Auto verso la fornitura In termini generali, all’inizio degli anni ’90 Fiat Auto intraprende un processo di riorganizzazione dell'intera struttura - decentralizzazione, deverticalizzazione, riduzione delle gerarchie, introduzione della “fabbrica integrata” (Bonazzi, 1994) – che s’ispira al modello giapponese, ma significativi aggiustamenti, per tener conto delle differenze tra i contesti istituzionali e culturali In particolare, Camuffo e Volpato (1998) ritengono che l’adozione del nuovo modello organizzativo “dimostra che la Fiat imparato la lezione che le tecnologie avanzate devono essere attentamente combinate innovazioni nell’organizzazione e nella gestione delle risorse umane.” Il ridisegno della struttura organizzativa si traduce anche in una ridefinizione dei rapporti i propri fornitori verso un aumento consistente delle responsabilità produttiva e progettativa dei fornitori stessi; di conseguenza si è determinato il passaggio dall’“indotto auto”, o meglio ancora “indotto Fiat”, - cioè da una situazione in cui le imprese della fornitura si trovavano a dipendere dalla Fiat, come mercato di sbocco, ma anche dal punto di vista tecnologico, essendo la progettazione in buona misura concentrata in Fiat, ad una realtà di sistema, ad una realtà nella quale le performance del produttore finale vengono a dipendere fortemente dal comportamento di tutte le imprese appartenenti alla filiera e dunque anche il passaggio da un rapporto di dominio/subordinazione ad uno di collaborazione tra casa auto e fornitori Il crescente affidamento all’esterno (outsourcing) di fasi produttive ma anche di quelle terziarie, tra cui quella, cruciale, della progettazione è rappresentata in tabella Tabella - Andamento della disintegrazione verticale Fiat Auto (quote di produzione e progettazione esternalizzate) Produzione Progettazione Fonte: Fiat Auto 1982 50 30 1987 52 30 1992 65 45 1996 70 59 1998 70 70 1999 73 73 2000 72 72 Ciò condotto all’aumento, o alla creazione, di capacità progettativa da parte di molte imprese fornitrici, in questo modo innalzandone tanto il livello qualitativo quanto la capacità di aumentare il valore aggiunto Tale processo si è poi associato a quello della selezione numerica (tabella 2) e qualitativa dei fornitori, legata anche al passaggio alla fornitura di sistemi e moduli piuttosto che di particolari semplici Tabella - Andamento numero fornitori Fiat Auto 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 2001 1.200 1.050 990 723 670 560 520 410 380 370 350 364 330 (100) (87,5) (82,5) (60,2) (55,8) (46,6) (43,3) (34,2) (31,7) (30,8) (29,2) (30,3) (27,5) Fonte: Fiat Auto Si è trattato quindi di un processo di selezione/rafforzamento delle imprese della componentistica che permesso e stimolato le stesse verso una condizione di ridotta dipendenza da Fiat e di aumento dell’export B) Da fornitori a partners? Un presupposto essenziale del nuovo metodo di produzione e della riduzione del numero di fornitori è l’istituzione di relazioni privilegiate tra assemblatori finali e produttori di componenti per cui il rapporto di partnership diventa una elemento chiave della strategia aziendale Secondo Zirpoli (10012001: 19), la strategia degli acquisiti di Fiat Auto s’ispira all’apparenza a un modello “più vicino a quello tipico delle relazioni di fornitura nell’industria automobilistica giapponese, che a quello “avversativo” in vigore nei paesi occidentali, almeno fino agli inizi degli anni ’90” Infatti, essa include alcuni tipici ingredienti di quel modello: attenta selezione di ogni fornitore, condivisione del rischio, co-design, parallel sourcing (cioè minaccia credibile dell’entrata di un suo concorrente potenziale), uso delle tecniche di price setting, target costing, value engineering a supporto di una corretta distribuzione della quasi rendita di relazione, ecc Tuttavia, le difficoltà di istituire effettive relazione di cooperazione tra i diversi livelli di una catena di fornitura non vanno assolutamente sottovalutate, soprattutto se vi sono rilevanti differenze nel potere contrattuale delle parti Una ricerca sulla gestione delle relazione relazioni di forniture fornitura da parte di Fiat Auto, basata su interviste dirigenti di un gruppo rappresentativo di fornitori e a responsabili diretti e indiretti dello sviluppo prodotto in Fiat Auto (Zirpoli, 2001; Caputo, Zirpoli, 2001) evidenziato che, nonostante la conclamata adesione di questa impresa ad una strategia di collaborazione i fornitori, l’effettiva realizzazione di questa strategia rivela contraddizioni tali, da mettere potenzialmente in crisi gli stessi obiettivi dichiarati In particolare, i fornitori si sono mostrati disposti ad assumersi responsabilità nell’area della ricerca e sviluppo e ad allargare il portafoglio clienti, ma molti di loro s’interrogano sulla “sostenibilità di una simile strategia, in presenza di una costante riduzione dei prezzi dei componenti imposta da Fiat Fiat, quindi, non sembra rinunciare al proprio potere di mercato al fine di rinforzare la cooperazione e la relazione i fornitori” (Caputo, Zirpoli 2001: 69) La riduzione dei prezzi/costi delle forniture costituisce un argomento cruciale Come si è detto, l’aspettativa di una riduzione programmata dei costi delle forniture, parametrata mediante varie tecniche di “target costing” selettivamente importate dal Giappone, costituisce ormai una pratica comune nell’industria automobilistica.5 Si tratta in linea di principio di una pratica collaborativa; Il target costing comprende due distinti obiettivi e aree d’intervento: la riduzione del costo dei componenti nella fase della loro progettazione; l’ulteriore riduzione nel corso della loro vita produttiva Secondo la ricostruzione di Nishigushi (1994; 126) nella fase di sviluppo di un nuovo prodotto il target costing si basa sul principio del “market-price minus”, invece che su quello del “cost plus”: le case automobilistiche, cioè, chiedono a un gruppo selezionato di fornitori di aiutarle a individuare le soluzioni progettative più adatte a “soddisfare le esigenze e i desideri del consumatore finale”, ma “a misura che il progetto viene sviluppato (si aspettano anche che) il costo complessivo di produzione del nuovo prodotto (la sommatoria delle varie voci di costo) venga ridotto, avvicinandosi il più possibile al target cost, ma senza che ciò porti a modificare le specifiche iniziali” Per quanto riguarda il secondo obiettivo, cioè la progressiva riduzione del costo di produzione dei componenti, il target costing si basa sulla ricerca di successivi incrementi della produttività Nell’industria automobilistica giapponese (Smitka 1991: 142), gli obiettivi d’incremento della produttività Lla sua realizzazione, infatti, può richiedere cambiamenti concomitanti in vari punti della catena di fornitura, per cui le parti devono essere disposte a scambiarsi molte informazioni, e a rendere trasparenti le proprie condizioni operative, così da consentire un’effettiva analisi congiunta dei fattori che incidono sui costi di produzione Inoltre, le tecniche citate non dovrebbero incidere sui margini dei fornitori e non necessariamente sulla retribuzione dei loro dipendenti, e nemmeno dovrebbero implicare cambiamenti immediati dell’organizzazione della produzione, dal momento che un’effettiva collaborazione tra assemblatori finali e OEM apre la strada a una gamma molto ampia di soluzioni originali6 Ciò dipende, in ultima istanza, dal fatto che, delegando fornitori maggiori responsabilità sui componenti prodotti, s’incrementa e si rende più sistematica la loro conoscenza dei dettagli tecnici di tali componenti e dei loro processi di produzione, aumentando ciò anche le opportunità di escogitare soluzioni in vista di una riduzione incrementale dei costi di produzione Secondo le interviste raccolte da Caputo e Zirpoli (2001: 70) presso fornitori di Fiat Auto, tuttavia, quest’impresa non starebbe rispettando le regole del gioco che dichiara di voler giocare 7: il suo “atteggiamento ( ) è considerato ( .) non solo poco equo, ma anche incompatibile piani di sviluppo di nuova tecnologia e componenti dedicati per Fiat” Invece d’impegnarsi in una discussione tecnica a tutto campo, Fiat Auto progressivamente mostrato di privilegiare i problemi di costo, spesso pretendendo dei tagli, senza discuterne preliminarmente la fattibilità tecnica I fornitori peraltro, non contestano che la riduzione progressiva dei costi costituisce costituisca un vincolo inevitabile della loro attività, ma lamentano il disinteresse di Fiat per pratiche, quali la value engineering e la value analysis per utili a gestire questa riduzione e, soprattutto, la mancanza di una procedura formalizzata per la suddivisione dei benefici derivanti dalla riduzione dei costi Queste deficienze della politica di Fiat Auto da un lato fanno si che le pratiche di co-design vengono percepite “come un mezzo che Fiat Auto utilizza per esternalizzare il rischio legato alla progettazione dei componenti e ad investimenti specifici, senza uno sforzo reale di condivisione e creazione di nuova conoscenza”; dall’altro lato contribuiscono indirettamente a soffocare lo spazio per il dialogo tecnico tra le parti, che è la premessa per una gestione collaborativa della riduzione dei costi di produzione I fornitori, infatti, temendo che informazioni tecniche sensibili possano essere utilizzate vengono stabiliti sulla base dell’esperienza del produttore finale, ma anche del duplice criterio “della possibilità di essere conseguiti da qualsiasi normale produttore e dell’uniformità rispetto alle loro capacità di partenza (evidenziate dalle precedenti prestazioni): cioè senza fissarli a un livello superiore per i fornitori caratterizzati da buone prestazioni, e più basso per quelli meno capaci Questo criterio (unitamente alla competizione tra fornitori per acquisire maggiori commesse) fornisce un efficace incentivo produttori di componenti ad impegnarsi per migliorare l’efficienza dei propri processi produttivi” L’esperienza giapponese mostra, inoltre, che la comparazione dei costi analitici di produzione, su cui si basa l’attribuzione delle commesse, permette anche d’individuare le fasi del processo di produzione che, in base all’esperienza di diverse imprese, offrono maggiori opportunità di miglioramento e sulle quali pertanto è utile orientare l’iniziativa di tecnici ed esperti dell’industrializzazione del prodotto In tal modo la riduzione del costo di produzione favorisce la riduzione delle differenze di capacità tra fornitori, e si rivela un obiettivo praticabile, anche se attraverso l’aiuto dei produttori automobilistici In un documento scritto da Gary Herrigel (2002) per l’Advanced Manufacturing Project (un’iniziativa pubblica per il miglioramento dell’industria dei componenti in metallo e in plastica negli stati dell’Illinois e del Wisconsin negli USA), basato su sulla base di oltre 30 interviste ad assemblatori finali e fornitori di componenti, si afferma che “vi sono vari altri modi per ottenere una riduzione dei costi di produzione: per esempio tramite consorzi o accordi temporanei tra produttori finali e fornitori per ottenere riduzioni dei prezzi delle materie prime; oppure, riprogettando l’interfaccia tra ogni parte fornita e il suo ambiente tecnico; oppure, modificando alcuni dettagli delle condizioni di consegna; oppure, assegnando a un fornitore nuove linee di prodotto, in cambio della riduzione del prezzo delle forniture attuali Le possibilità in questo campo sono pressoché illimitate” La denuncia vale ovviamente in una prospettiva economica e non morale, in quanto il non rispetto delle regole di un gioco cooperativo alimenta sfiducia e mina le basi stesse della cooperazione contro di loro nella negoziazione del taglio dei costi, tendono a trattenerle o a trasmetterle in modo incompleto e parziale Da qui la conclusione che la mancanza di tecniche per un’adeguata gestione del taglio dei costi e per una suddivisione dei profitti, coerente i rischi che i fornitori si stanno sobbarcando, finisce per minare la loro stessa motivazione a cooperare e la disponibilità ad effettuare investimenti rischiosi Si deve peraltro considerare che questi aspetti “irrazionali” che impediscono di realizzare un sistema produttivo decentrato, che si basi su un’effettiva collaborazione tra le parti, non sono esclusivi del caso Fiat Auto, ma sono largamente trasversali sia tra paesi che tra industrie; peraltro esistono esempi tanto di case auto che di fornitori che possiedono “competenze relazionali” superiori rispetto vengono riscontrati si ritrovano basato su Anche se occorre considerare che Fiat Auto non è certamente l’unico produttore finale Note that Fiat is not unusual in the retention of numerous “irrationalities” that impede their ability to form a genuinely collaborative decentralized production model These problems cut across industries and countries, with, of course, significant variation (some OEMs and assemblers have superior “relational competencies”).8 Il quadro delineato da Caputo e Zirpoli (2001) trovato conferme in una recente intervista, svolta dagli autori di questo articolo, ad uno dei principali fornitori diretti di Fat Auto e che fornito anche ulteriori spunti critici Un primo riguarda la perdita di competenze tecniche da parte di Fiat Auto, come conseguenza della scelta d’attribuire maggiori responsabilità fornitori - perdita che di fronte all’emergere di problemi di qualità, incoraggia Fiat Auto a ricorrere alle clausole contrattuali, invece che impegnarsi a collaborare il fornitore per risolvere il problema Un secondo e più grave aspetto riguarda la confusione organizzativa che caratterizza la fase di progettazione in Fiat Auto, e le ripetute revisioni del progetto che ne conseguono, anche in fasi avanzate del processo Questi cambiamenti, per un verso, impongono fornitori diretti consistenti costi sommersi; per un altro rendono molto complesse le decisioni dei subfornitori circa gli investimenti in capacità produttiva, fino ad obbligare i fornitori diretti a stabilire gli input da acquisire non in base a valutazioni della capacità produttiva dei subfornitori e nemmeno a valutazioni di costo, ma unicamente in base alla loro disponibilità ad effettuare investimenti, che potranno essere recuperati solo negli anni e sulla base del prezzo unitario del prodotto fornito Un’ulteriore conseguenza negativa dei vincoli che l’inefficienza di Fiat Auto impone al rapporto i subfornitori riguarda le situazioni di brusca contrazione dei volumi produttivi di Fiat Auto oppure di ritardo dell’avvio della produzione di un modello, rispetto alle quali i fornitori diretti si trovano spesso nell’impossibilità di far valere il principio della condivisione del rischio i propri subfornitori C) Il distretto tecnologico dell’auto in Piemonte La riorganizzazione del sistema di fornitura da parte di Fiat Auto avuto un forte impatto in particolare in Piemonte, sovrapponendosi a processi autonomi di trasformazione industriale: il risultato è che in questa regione si è venuto a formare dando luogo ad un “distretto tecnologico dell’auto” (Bianchi, Enrietti, Lanzetti, 2001) Da una serie d’interviste svolte da uno degli autori presso produttori di componenti in metallo o in plastica (sia per l’industria automotive sia per altre) attivi nel Midwest (USA), risulta che, nonostante gli sforzi intrapresi per dare un’impronta collaborativa alle relazioni i propri fornitori, molti produttori finali continuano a basare le proprie politiche d’acquisto sulla logica del “divide et impera”, e a causare una contrazione dei margini dei fornitori a livelli quasi insostenibili, almeno nel breve periodo Whitford e Zeitlin (2002) evidenziano diversi fattori di natura organizzativa, che portano spesso i produttori finali a deviare dalle (almeno all’apparenza) virtuose strategie d’acquisto, che dichiarano di perseguire, e rendono inefficaci le procedure formali che dovrebbero impedire di tradurre in vantaggi di breve periodo l’intrinseca vulnerabilità delle relazioni cooperative di fornitura Problemi come il turn-over dei dipendenti, difetti di comunicazione tra reparti, la stessa separazione tra le unità produttive dell’impresa possono ostacolare lo sviluppo di relazioni cooperative, sia a causa di problemi di disallineamento degli incentivi – quelli degli enti preposti all’acquisto possono non coincidere quelli dell’impresa – sia perché possono produrre sistematiche distorsioni dei processi di comunicazione In sintesi, la costituzione e lo sviluppo del distretto tecnologico possono essere riassunti nei seguenti punti: la riduzione del numero dei fornitori ed il passaggio dalla fornitura di singoli particolari a quella di moduli e sistemi necessariamente indotto le imprese della componentistica (soprattutto le piccole e medie, che in precedenza non ne erano dotate) ad un rafforzamento delle fasi di progettazione e di sviluppo Questo cambiamento si è manifestato in due direzioni: da un lato la ristrutturazione interna a Fiat Auto liberato un certo numero di progettisti che hanno trovato occupazione presso i componentisti; dall’altro, imprese di progettazione che lavoravano su commessa della Fiat hanno trasferito le proprie competenze sui fornitori di Fiat e dei suoi concorrenti Pertanto, partendo da due direzioni diverse, si sono rese disponibili sul mercato delle risorse di capitale umano e di know-how che prima erano internalizzate in Fiat o che dipendevano da essa: tali risorse sono diventate disponibili al sistema locale, in particolare alle piccole e medie imprese (PMI) Se i primi fornitori si riducono di numero e si concentrano sulla fornitura di moduli e sistemi, assume un ruolo sempre più cruciale la qualità del sistema di subfornitura, ovvero i fornitori di secondo e terzo livello Il processo di riorganizzazione della subfornitura investito soprattutto le PMI a cui, una volta selezionate le migliori, sono state richieste migliori più elevate performances di prodotto, di progettazione, di qualità Il rafforzamento delle imprese di componentistica trova conferma nella riduzione della dipendenza da Fiat9 attraverso uno sviluppo degli sbocchi di mercato alternativi, sia nel senso di concorrenti (in particolare esteri), sia di altri settori dell’autoveicolo (ad esempio veicoli industriali), sia di settori diversificati Questi processi si sono infine associati ad altre dinamiche che hanno permesso la crescita di attività di design (Pininfarina, Bertone, Giugiaro….) e di produzione di macchine utensili sempre più indipendente da Fiat Inoltre, Fiat stessa giocato un ruolo di diffusione dell’innovazione anche attraverso la definizione sempre più stringente di standard da rispettare da parte dei fornitori Ma la riorganizzazione della fornitura al primo livello manifestato i suoi effetti anche sulle imprese che si collocano al secondo: una volta che le case auto (in particolare Fiat Auto) hanno rafforzato il loro rapporto i loro diretti fornitori, questi ultimi hanno spesso creato un rapporto di partnership verso i loro fornitori (quelli che si collocano al secondo livello della fornitura), chiedendo loro maggiori prestazioni e responsabilità Partendo da un campione di 79 fornitori di secondo livello, Vitali (2001 e 2002) rappresenta una struttura relativamente complessa della filiera auto in Piemonte, dando conto della realtà sistemica del distretto: la sua lunga storia fa che sia creata una fitta rete di rapporti tra le imprese che si collocano vari livelli della filiera stessa, rapporti che non sono possiede caratteri che non sono né rigidamente verticali, né solo gerarchici10 (del tipo Fiat Auto  fornitori di primo livello  fornitori di secondo livello  fornitori di terzo livello…) quanto piuttosto strutturano una “rete gerachica” (in quanto, ad esempio il fornitore di secondo livello può fornire, oltre che l’impresa che si colloca al primo livello, sia la casa auto che altri fornitori di secondo livello) Peraltro, è anche vero che spesso la catena verticale si interrompe al secondo livello, nel senso che esso può rappresentare l’ultimo livello di specializzazione nella catena di fornitura automobilistica in Piemonte A questo proposito può essere interessante riportare alcuni dati di una recente ricerca dell’Unione Industriale di Torino (2002): “Nel complesso, il 54,7% della produzione autoveicolistica delle imprese rispondenti è destinato costruttori nazionali Tenendo conto del peso della filiera dell’auto sulle vendite totali, si può stimare che in media le case nazionali pesino per il 40% circa sulle vendite totali (auto e non auto) delle imprese dell’indotto.” Si tratta di un peso nettamente inferiore a quello di una quindicina di anni fa Rispetto al 1995 “Nel 57,9 % dei casi, il peso delle case estere sulle vendite è aumentato, nel 12,3% è diminuito e nel residuo il 29,8% è rimasto costante o non registrato variazioni apprezzabili” 10 Del tipo Fiat Auto  fornitori di primo livello  fornitori di secondo livello  fornitori di terzo livello… 10 Concentrandosi sui fornitori di secondo e terzo livello, Vitali (2001) evidenzia come essi Le imprese del secondo livello non siaono presenti sui mercati esteri, in quanto esportano solo attraverso i loro clienti; e inoltre manifestano anche un abbastanza elevato di dipendenza dai loro clienti: in media il primo cliente assorbe il 43% del fatturato ed i primi tre il 69% (Vitali 2001).11 Mente molti fornitori di primo livello hanno contratti di lungo periodo Fiat, sono pochi invece i fornitori di secondo livello analoghi contratti i propri clienti; è stato però rilevato come, nonostante l’assenza di espliciti e formali contratti a lungo, si manifestino rapporti molto intensi tra fornitori di primo e secondo livello soprattutto per quanto riguarda gli aspetti tecnologici e la qualità del prodotto In particolare, il 38% delle imprese intervistate esperimentato una forte richiesta di innovazione nonché una pressante richiesta di forniture just-in-time Inoltre il 16% del fatturato deriva da prodotti realizzati in codesign i clienti (fornitori di primo livello o case auto) significando come anche livelli più bassi della filiera si sia iniziato a replicare titpi di rapporti che sono ormai standard tra fornitori di primo livello e case auto Nonostante i significativi segni di sviluppo tecnologico ed organizzativo più bassi livelli della filiera auto, e anche se i fornitori di secondo e terzo livello spesso detengono abbastanza avanzate competenze tecniche, rimangono però significativi elementi di debolezza Porzio (2002) evidenzia in particolare tre aree che risultano carenti: la creazione di sistemi di qualità, il controllo di processo e la gestione finanziaria Inoltre i fornitori di piccola dimensione tendono ad essere piuttosto reattivi che proattivi e spesso senza personale addetto alla gestione delle risorse umane; essi investono poco in formazione, preferendo che l’apprendimento avvenga on-the-job, oppure assumendo direttamente dal mercato personale competenze specifiche Differenti realtà territoriali in Italia D) Un confronto tra la fornitura in Piemonte e in Basilicata Se si confronta la realtà Piemontese, la sua centenaria specializzazione nella produzione di auto, la Basilicata, dove è localizzato lo stabilimento Fiat Auto di Melfi, il più recente impianto greenfield di Fiat Auto, emergono in tutta evidenza profonde differenze nella forma che assumono le relazioni tra imprese nelle due regioni Relativamente all'insediamento Fiat di Melfi, esistevano aspettative che esso fosse l'elemento centrale per la costruzione, nel corso del tempo, di un sistema industriale dell'auto articolato e relativamente forte Ebbene, Bubbico (2001) e Cuoco, Leone (2002) hanno messo in evidenza che, invece, è modesto il fenomeno di addensamento delle imprese di subfornitura e non si registrano fenomeni di forte specializzazione produttiva: infatti, le imprese fornitrici di primo livello sono prevalentemente società appartenenti a gruppi in gran parte localizzati nel Centro Nord - e, a loro volta, appartenenti spesso a imprese multinazionali - e che si forniscono in misura consistente dagli impianti delle proprie consociate del nord, la conseguenza che il livello richiesto alla fornitura localei è prevalentemente basso e di contenuto tradizionale 11 I fornitori di terzo livello sono simili, in quanto anche loro vendono il 65% del fatturato primi tre clienti 11 Tra le due realtà locali esiste poi una significativa differenza sulla tipologia di imprese di subfornitura: mentre in Piemonte si tratta di imprese in grado anche di essere in rapporto diretto il costruttore auto, di effettuare attività di progettazione, di affacciarsi al mercato estero, la realtà lucana vede la presenza prevalente di imprese contoterziste, il cui livello di autonomia è molto scarso in quanto anche le materie prime o i semilavorati grezzi vengono forniti direttamente dal committente, che si presenta contemporaneamente come fornitore (di semilavorato) e come cliente (di prodotto finito) Ciò determina un altro effetto non trascurabile, ovvero che nelle imprese di secondo e terzo livello il primo cliente assorbe quasi il 90% del fatturato, contro il 43% in media in Piemonte, definendo così una situazione di quasi completa dipendenza Anche dal punto di vista dimensionale emergono differenze consistenti: se nella zona di Melfi le imprese sono abbastanza equamente distribuite fra piccole (meno di 15 addetti), medie (fra 15 e 50), grandi (oltre 50 addetti) in Piemonte, invece, risultano essere prevalenti (42%) quelle addetti compresi tra i 50 ed i 150, che rappresentano anche circa l’80% degli occupati, del fatturato e degli investimenti dell’intero campione e che hanno una produttività (fatturato per addetto) e un’intensità di investimenti (investimenti per addetto) superiori a quelle medie del campione (Cerruti, Enrietti 2002) Se i precedenti sono dati che riflettono le condizioni strutturali delle imprese, di particolare interesse sono quelli relativi al loro livello tecnologico e alla loro capacità innovativa delle imprese: la funzione "progettazione" è presente, in media, nel 28% delle imprese Lucane una incidenza del 2,4% degli occupati nelle imprese di secondo livello; al contrario, in Piemonte, nella metà del campione esiste la funzione progettazione ma, nelle imprese di secondo livello essa è meglio presidiata, in quanto il 60% di queste imprese vi dedicano risorse Inoltre, circa il 20% delle imprese piemontesi depositato brevetti, mentre nell'area di Melfi nessuna impresa dimostrato questa capacità (Cerruti, Enrietti 2002) Nonostante i significativi segni di sviluppo tecnologico ed organizzativo più bassi livelli della filiera auto, e anche se i fornitori di secondo e terzo livello spesso detengono abbastanza avanzate competenze tecniche, rimangono però significativi elementi di debolezza Porzio (2002) evidenzia in particolare tre aree che risultano carenti: la creazione di sistemi di qualità, il controllo di processo e la gestione finanziaria Inoltre i fornitori di piccola dimensione tendono ad essere piuttosto reattivi che proattivi e spesso senza personale addetto alla gestione delle risorse umane; essi investono poco in formazione, preferendo che l’apprendimento avvenga on-the-job, oppure assumendo direttamente dal mercato personale competenze specifiche E) Però, quando i fornitori di primo livello si orientano verso i mercati esteri essi dipendono in modo significativo dalle capacità dei loro subfornitori, tanto per soddisfare gli elevati standard di qualità richiesti, quanto per progettare e rapidamente realizzare prodotti innovativi Ciò impone loro di selezionare molta accuratezza tra i propri fornitori, nonché di aiutare questi ultimi ad aumentare il livello qualitativo e migliorare la struttura organizzativa Questi problemi sono forse ancor più pressanti nelle aree della componentistica nel Sud Italia, dove il rafforzamento delle capacità locali sembra essere un prerequisito per la creazione di un vero e proprio sistema regionale specializzato nella componentistica Processi di selezione tra i fornitori di secondo livello 12 Fiat Auto iniziato nei primi anni ’90 ad affrontare la realtà del secondo livello della fornitura: in quegli anni i subfornitori dei 140 primi fornitori italiani della Fiat Auto erano ben 14.900, un’elevata dispersione: solo il 12% del fatturato di subfornitura veniva realizzato attraverso rapporti interni primi 140 fornitori Fiat e solo un altro 12% era relativo ad acquisti provenienti da fornitori comuni Fiat Auto12 La dimensione della subfornitura e la sua importanza nell'insieme della filiera hanno reso questo segmento di imprese un campo di intervento della stessa Fiat Auto è così intervenuta nell'ottica della razionalizzazione e della riduzione dei costi, favorendo interventi di concentrazione delle subforniture su di un minor numero di imprese, in modo da realizzare economie di scala sia di produzione che di progettazione E’ pertanto così iniziato un processo di selezione dei subfornitori, per cui già nella prima metà degli già nei primi anni ‘90, in media i fornitori di primo livello della Fiat avevano ridotto del 23% il numero dei loro fornitori; da parte di alcuni fornitori di primo livello, l’obiettivo era la riduzione del 50% del numero dei propri fornitori entro il 2000, se non prima L’obiettivo di questa selezione è stata sia la riduzione dei costi di transazione relativi alla gestione di un numero elevato di fornitori, sia la necessità di coinvolgere fornitori selezionati di secondo livello anche nel processo di progettazione e di ingegnerizzazione dei componenti V La diffusione delle competenze e il programmai di “crescita guidata” di Fiat Auto Nonostante l’intenso processo concorrenziale e di selezione dei fornitori, è risulta evidente che la razionalizzazione della catena di fornitura non può essere affidata esclusivamente processi di selezione Nello stesso tempo è chiaramente semplicistico attribuire le difficoltà dei fornitori di livello più basso comportamenti “opportunistici” dei loro clienti La selezione realizzata nei confronti dei fornitori di primo livello non sempre eliminato dalla filiera le imprese non in grado, o non desiderose, di effettuare i necessari investimenti; piuttosto le sospinte verso i livelli inferiori Molte di queste imprese possiedono adeguate capacità tecniche ma sono invece spesso carenti delle risorse materiali, del know-how, e forse anche della disponibilità culturale necessarie per fare fronte nuovi caratteri della domanda proveniente dai loro clienti La dipendenza nei confronti dei fornitori di più piccola dimensione in diversi casi spinto le In effetti, diverse case auto ed i loro fornitori di primo livello a intraprendere sono andate oltre la sola logica della selezione, intraprendendo consistenti sforzi per aumentare le competenze dei loro fornitori, attraverso attività di “sviluppo fornitotri” o, come nel caso Fiat Auto, di “crescita guidata” 13 A) La “Crescita guidata” per i fornitori di primo livello Nel febbraio 1990 fu lanciato , in particolare, il progetto "Sviluppo e integrazione del sistema fornitori" che significò una nuova classificazione dei fornitori su tre livelli: leader, coleader e follower Le imprese leader, furono scelte sulla base di quattro parametri base, cioè qualità, servizio, puntualità nella fornitura e prezzo, ma l'impegno andava anche verso la definizione e pianificazione di azioni comuni per la riduzione dei pesi, per la standardizzazione, per il contenimento dei costi della non qualità, per la diminuzione del livello delle scorte I contratti erano su base triennale per coperture del fabbisogno che potevano andare dal 90 al 100% a seconda dei prodotti 12 Fiat Auto, Suppliers Convention, 1994 13 Sullo sviluppo dei fornitori si veda, Sako (2002); Helper, MacDuffie (1999); Rickert (1999, 2000); Dyer (2000) Sulla “crescita guidata di Fiat Auto,” si veda Enrietti (1995) e Volpato (1996) La crescita di molti fornitori di primo livello verso una struttura da multinazionale può significare che il ruolo dello “sviluppo dei fornitori” si indirizzi sempre di più verso i fornitori di secondo e terzo livello 13 Le imprese co-leader, ovvero quei fornitori che pur non avendo livelli di qualità e affidabilità sufficienti, avevano però buone potenzialità di miglioramento, vennero inserite in un processo di "crescita guidata" per abbattere i costi e strutturare l'azienda secondo criteri di efficienza e di rapidità di risposta alle esigenze del mercato, in modo da poter passare al ruolo di leaders e quindi godere di contratti pluriennali L’iniziativa passò in primo luogo attraverso la definizione del modello generale di intervento da applicarsi alle imprese fornitrici e, successivamente, la costituzione di gruppi di lavoro composti da personale Fiat Auto, esperti dell’ISVOR 14 e addetti delle ’impresae fornitricefornitrici Questi gruppi misero a punto una metodologia di diagnosi cui individuare sprechi e perdite di efficienza nelle aree di progettazione, gestione industriale e quellaed economicofinanziaria Il numero di imprese coinvolte è stato significativo: l'iniziativa di crescita guidata partita nel settembre 1991 imprese, è poi passata a 162 nel 1993 (tabella 3), per un numero cumulato di 304 componentisti, pari al 55% delle imprese fornitrici dello stesso anno Tabella 3: Fornitori coinvolti nella Crescita guidata di primo livello Anni 1990 Fornitori 1991 43 1992 91 1993 162 Fonte: Fiat Auto Per le imprese followers, che non hanno avevano cioè i requisiti richiesti per rimanere fornitori Fiat, viene venne gestito un processo di uscita e le loro quote di forniture vengono furono assegnate ad altre imprese Le caratteristiche di queste imprese possono così essere sintetizzate: - imprese che coprivano un basso ammontare del fabbisogno Fiat, tenendo conto che ancora attualmente circa un centinaio di fornitori realizza Fiat Auto un fatturato inferiore 600 milioni; - imprese fuori linea in termini di costo (tra queste, per esempio, anche la Bosch per i tergicristalli, a seguito della rivalutazione del marco); - fornitori di elementi semplici, sostituiti dal passaggio alla fornitura di sistemi; - fornitori non interessati ad investire, per seguire i progetti Fiat B) La “Crescita guidata” per i fornitori di secondo livello Fino all’inizio degli anni ’90 Fiat Auto non affrontava il problema dei subfornitori se non in termini contrattuali, trasferendone la responsabilità propri fornitori diretti; in particolare Fiat Auto comminava penali a questi ultimi quando venivano rilevati difetti imputabili subfornitori Questo atteggiamento risultava peraltro coerente la politica di selezione dei fornitori diretti intrapresa già nella seconda metà degli anni ’80 e che aveva come obiettivo, tra gli altri, di rendere i propri fornitori responsabili della qualità del loro prodotto Alla fine degli anni ’90 Fiat Auto modificò in parte la propria strategia, decidendo di assumere un ruolo attivo, anche se indiretto, verso l’aumento della qualità dei prodotti realizzati dai fornitori di secondo e terzo livello15 Pertanto, circa dieci anni dopo la “Crescita guidata” verso i fornitori diretti, Fiat rilanciò questa politica, ma verso i fornitori di secondo e terzo livello L’idea base era che i fornitori di primo livello potevano giocare, verso i fornitori di secondo e terzo livello, lo stesso ruolo che Fiat aveva svolto nei loro confronti; ciò richiedeva la progettazione di uno schema organizzativo tale da indurre i fornitori diretti ad investire tempo e risorse nell’iniziativa La soluzione venne trovata affidando la parte esecutiva del programma ad un Consorzio costituito dai fornitori di primo livello e dai loro clienti all’interno dei settori automotive del gruppo Fiat (Fiat Auto, ISVOR, appartenente al gruppo Fiat, rappresenta una delle più importanti imprese europee dedicate alla formazione ISVOR venne fondata nel 1970s fondendo tutte le attività di formazione svcolte precedentemente in Fiat 15 In effetti, valutazioni di Fiat Auto alla fine degli anni’90, indicavano che il 75% degli interventi effettuati in garanzia erano relativi a parti realizzate da fornitori di secondo livello (Follis, Enrietti 2001) 14 14 Iveco, New Holland): nel 1998 venne così costituito il consorzio CONSAF 16 La formazione e gli aspetti amministrativi erano invece affidati ad ISVOR mentre fornitori diretti veniva affidato il compito di seguire la crescita dei loro fornitori e di assicurare l’implementazione pratica di quanto appreso nella parte di formazione L’iniziativa17 venne presentata ad oltre 130 fornitori di primo livello (dal numero totale furono scartate le imprese stabilimento di fornitura all’estero, i fornitori di materie prime, le imprese che avevano autonomamente avviato azioni di crescita guidata) e a circa 700 loro subfornitori: all’iniziativa parteciparono poi concretamente 102 fornitori di primo livello e 428 di secondo livello 18 Se quindi in media ogni fornitore di primo livello coinvolto coinvolse nell’iniziativa fornitori di secondo livello, sono furono però solo 30 quelle che hanno indicato indicarono almeno imprese, segnalando quindi una elevata concentrazione dell’iniziativa su di un numero limitato di imprese di primo livello La scelta di di quali subfornitori selezionare era totalmente attribuita fornitori diretti i quali hanno postoposero particolare attenzione nella scelta alle imprese che svolgevano un ruolo di una certa importanza nella propria catena di fornitura, tanto dal punto di vista del componente, o della lavorazione realizzata, quanto del peso del fornitore sul totale degli acquisti Le imprese selezionate possedevano quasi esclusivamente competenze di tipo manifatturiero (e spesso su di un solo processo tecnologico), come dimostra la tabella seguente che presenta la distribuzione delle imprese in base alla tecnologia prevalente (table tabella 4):19 Table 4: Predominant technologies in second tier suppliers participating to guided growth Tabella 4: Tecnologie prevalenti tra i fornitori di secondo livello Tecnologia Stampaggio plastica Stampaggio lamiera Lavorazioni meccaniche Lavorazione gomma Cablaggi Trattamenti galvanici Verniciatura Trattamenti termici Tranciatura metalli Altro Totale Numero Percentuale 87 24 92 25 46 12 16 10 14 16 4 10 75 20 37020 100 Cinquantuno delle 370 imprese operavano su due delle suddette tecnologie, e altre cinque su tre; la loro combinazione risultava spesso “logica”, nel senso che lo stampaggio lamiera tendeva ad essere 16 si Veda: ‘Integrarsi per crescere’, Qualitas, No 23 (1999); CONSAF, (1999) Progetto Crescita Guidata Fornitori 2° livello, Torino 17 I dati che seguono ci sono stati forniti dall’ing Aldo Merico dell’ISVOR, che aveva seguito in prima persona l’iniziativa di crescita guidata: a lui va la nostra gratitudine per la disponibilità dimostrata 18 Di queste, 35 hanno poi rinunciato a partecipare al progetto 19 Stampaggio lamiera e plastica sono relativamente semplici e richiedono un investimento di capitale relativamente limitato, conseguenti basse barriere all’entrata Questo valore non corrisponde al totale dei partecipanti perché non tutte le schede delle singole imprese erano complete dal punto di vista informativo 20 15 associato la lavorazione meccanica e la tranciatura metalli, mentre lo stampaggio plastica era spesso associato a lavorazioni meccaniche E’ significativo notare come siano fossero nettamente prevalenti le tecnologie che hannocon un carattere trasversale, in quantoche cioè possono essere utilizzate per la realizzazione di prodotti di varia natura e complessità (da apparecchiature elettriche/elettroniche a prodotti in lamiera, a prodotti di fusione, a prodotti complessi risultato dell’assemblaggio di numerosi componenti) Peraltro, i differenti tipi di stampaggio hanno anche la caratteristica di essere attività relativamente semplici che richiedono un basso investimento di capitale, barriere all’entrata praticamente inesistenti e quindi realizzabili anche da imprese dimensioni ridotte Un elemento di un certo rilievo da sottolineare è il fatto che circa 50 imprese di secondo livello sono state furono segnalate da più di un fornitore di primo livello, stando ad indicare tanto una convergenza nell’individuazione di imprese da sottoporre a crescita quanto la condivisione di fornitori di secondo livello da parte di fornitori di primo livello di Fiat Questo dato sicuramente sottostima ambedue i fenomeni, in quanto gli autori hanno potuto verificare in interviste a fornitori di primo livello che questi a volte non avevano indicato determinati subfornitori solo perché essi sapevano che essi erano già stati selezionati da al altri fornitori di primo livello La tipologia dei fornitori di secondo livello scelti per partecipare all’iniziativa avutoebbe caratteristiche differenti in funzione tanto della strategia in precedenza seguita dai fornitori di primo livello verso i loro fornitori, quanto dagli sbocchi di mercato degli stessi primi fornitori Relativamente al primo punto, occorre notare come la richiesta di livelli elevati di qualità e di organizzazione propri fornitori fosse una strategia implementata già all’inizio degli anni ’90 da parte di una serie di fornitori di primo livello, la conseguenza che la “crescita guidata” di fine anni ’90 rappresentato rappresentò uno strumento che si inseriva in una linea di condotta perseguita da tempo; in questo caso, il fornitore di secondo livello indicato per la crescita guidata era già stato individuato come necessitante di crescita e quindi i corsi CONSAF sono furono utilizzati in alternativa ad azioni che sarebbero state in ogni caso avviate La politica perseguita da questi fornitori di primo livello è stata di richiedere propri fornitori la certificazione ISO9000, o analoghe e, in caso di assenza, sarebbe stato compito del fornitore di primo livello effettuare proprie valutazioni di prodotto/processo Anche gli sbocchi di mercato dei fornitori di primo livello hanno avutoebbero rilevanza sulla “crescita guidata”: l’attenzione verso la qualità, e la richiesta di performance molto stringenti, costituiva un vincolo forte, già a partire dalla fine degli anni ’80, per i fornitori di case auto concorrenti di Fiat, vincolo che si ribaltava anche sui fornitori di secondo livello Una variabile che spiega la numerosità di imprese indicate dai fornitori di primo livello è pertanto la più o meno elevata dipendenza del fornitore di primo livello da Fiat Auto Stante quanto sopra, non appare allora sorprendente che le imprese di subfornitura che parteciparono all’iniziativa fossero prevalentemente di piccola dimensione I dati a nostra disposizione riguardano solo un sottoinsieme di 57 imprese (tabella 5), concentrate nello stampaggio plastica, nello stampaggio lamiera, e nelle lavorazioni meccaniche: è interessante osservare che queste, tecnologie che coprivano, in ogni caso, il 60% delle imprese che parteciparono all’iniziativa; l’88% di queste imprese occupava meno di 100 addetti ed il 60% ne occupava meno di 50 (tabella 5) Tabella 5: Distribuzione delle imprese secondo la dimensione Classi di addetti

Ngày đăng: 18/10/2022, 13:13

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